Vergine Madre, figlia del tuo figlio, tu se’ colei che l’umana natura Nel ventre tuo si raccese l’amore, Qui se’ a noi meridiana face Donna, se’ tanto grande e tanto vali, La tua benignità non pur soccorre In te misericordia, in te pietate, Or questi, che da l’infima lacuna supplica a te, per grazia, di virtute E io, che mai per mio veder non arsi perché tu ogne nube li disleghi Ancor ti priego, regina, che puoi Vinca tua guardia i movimenti umani: |
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però ch'i' ne vedea trenta gran palmi dal loco in giù dov' omo affibbia 'l manto. (inf., c. 31, vv. 65-66)
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Il passo riporta la stima che Dante propone per l'altezza di Nembrot.
30 palmi dalla clavicola (la parte del corpo dove all’epoca si ferma il mantello....) ai piedi sono poco meno di 8 metri!!
Chi era il Nembrot dantesco? Il personaggio biblico Nimrod, ritenuto un gigante, la cui superbia ispirò di sfidare Dio con la torre di Babele, secondo una consolidata tradizione medievale.
Ma come Dante e gli uomini del suo tempo avrebbero potuto stimare l'altezza di un gigante infernale di abbondanti 30 palmi senza avvicinarsi al mostro e misurare direttamente?
Quasi certamente sapevano farlo, e con discreta precisione, usando il baculo, strumento principe della topografia medievale.
Quando riapriremo, venite al Museo Michelangelo di Caserta, e vi faremo provare (gratis!) come si usava!
Il baculo ebbe altri due nomi: in astronomia fu detto "radio", in navigazione fu noto come "balestriglia".
Lo strumento astronomico fu descritto dal filosofo ebreo Levi Ben Gerson (Gersonide) intorno al 1330. Nel 1342 il suo trattato astronomico fu tradotto in latino e dedicandolo a papa Clemente VI.
In questa traduzione comparve per la prima volta col nome di "baculum Jacob".
Ma Jacob chi? Giacobbe il patriarca biblico? Giacomo maggiore l'apostolo le cui reliquie attiravano a Compostela pellegrini da ogni dove?
E poi perché "bastone di Giacobbe"?
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